martedì 2 agosto 2016

FRANCESCO di Liliana Cavani


Il cinema ha raccontato in più versioni la vita di san Francesco, il “poverello d’Assisi” affrontata a più riprese fin dalle pellicole italiane del periodo muto ad opera di Enrico Guazzoni (1911), Ugo Falena e Mario Corsi (1918) e Giulio Antamoro (1927), oggi completamente invisibili per il consueto disinteresse che affligge la storia del nostro cinema. Più noti sono invece il Francesco giullare di Dio (1950) di Roberto Rossellini, il kolossal statunitense di Michael Curtiz (1961),il Fratello sole, sorella luna (1972) di Franco Zeffirelli, o ancora le recenti fiction prodotte per il piccolo schermo.

Liliana Cavani, però, merita un posto a parte perché è tornata per ben due volte sulla figura del Santo patrono d’Italia: una prima volta nel 1966 quando, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, aveva realizzato per la RAI un Francesco d’Assisi “in chiave laica”, sfruttando quasi la vita del santo per scopi di propaganda, dove “la sua ribellione sembra animata dalle ideologie rivoluzionarie che avrebbero animato il sessantotto e il dissenso cattolico”.
Ben 23 anni dopo, nel 1989, ha ripreso il personaggio con atteggiamento mutato, più concentrato a cogliere non tanto la rivoluzione sociale, quanto piuttosto ciò che accade nell’animo del giovane figlio di mercanti che ha lasciato tutto per andare a vivere in mezzo ai poveri. La Cavani si tiene lontana dagli eccessi ideologici che permeavano la pellicola del ’66.
Il vero oggetto della sua ricerca è Francesco, a cui presta il volto un Mickey Rourke assolutamente calato nella parte, nonostante l’enorme differenza con i suoi ruoli abituali da sex symbol. La regista osserva il cambiamento di un uomo che ha rinunciato a tutte le sue ricchezze per vivere tra poveri e lebbrosi e ne evidenzia la scelta radicale, forse non comprendendola fino in fondo, e l’imponenza della lotta tra il suo perseguire l’ideale di vivere come Cristo e il continuo tentativo messo in atto da chi gli sta intorno di sminuire, contrastare la sua scelta, o ridurre a regola formale la sua vita.
I RICONOSCIMENTI
Un film notato non solo dal popolo cristiano ma anche dal pubblico e dalla critica tanto da ottenere una nomination per la Palma d’Oro al Festival di Cannes per la regista, altre nomination come Miglior film, Migliore fotografia, Migliore colonna sonora, Migliori costumi e Migliore montaggio al David di Donatello e infine la vittoria al Nastro d’Argento come migliore attore non protagonista a Fabio Bussotti che interpreta nel film Frate Leone.
L’INIZIO DEL FILM
Alcuni anni dopo la morte di Francesco di Assisi, si riuniscono in cima ad un poggio Chiara e cinque frati del Santo, tra i primissimi. A turno essi ricordano episodi e momenti della vita di quell'essere straordinario, che sconvolse le loro esistenze, attirandoli con parole e con esempi di amore e di pace, in linea con il Vangelo.
Leone annota sul suo quaderno spunti e ricordi toccanti; gli altri (Pietro Cattani che sapeva di legge, Bernardo, già notaio del padre del Santo, Angelo ex-uomo d'armi e Rufino) lo aiutano nel redigere il suo memoriale, la Leggenda dei Tre Compagni...
LE CARATTERISTICHE
Un film scarno, spartano, a tratti commovente, toccante, dove l'elemento acqua, volta per volta associato ora al freddo, ora alla pioggia, al fango, alla sporcizia, suscita emozioni e quasi sofferenze fisiche nello spettatore.
Cosa cercava veramente Francesco? Non il successo della sua azione, né l’ampliarsi del numero dei frati, né tanto meno il riconoscimento dell’Ordine da parte del Papa. L’oggetto della ricerca era l’Altro, quella presenza che lo aveva chiamato, che nell’ultima parte della sua vita diventa sofferenza di fronte all’apparente silenzio di Dio. Ma Dio risponde facendogli dono delle stigmate, cioè assimilandolo a Lui.
Alla fine del film Chiara ricorda gli ultimi istanti di Francesco e dice “L’amore aveva reso il suo corpo identico al corpo dell’Amato. Mi chiesi se io sarei mai riuscita ad amare così tanto”...la Cavani chiude il suo film, in maniera quasi improvvisa, quasi senza una vera e propria scena finale.
Di fronte al Mistero è impossibile raccontare qualcosa di più.
Rivivono così, nella pellicola, le antiche dissipazioni del giovane rampollo del ricco mercante Pietro Bernardone; la sua vicenda di prigioniero (dopo la guerra con Perugia, un anno nelle fosche prigioni, il Vangelo nelle mani di un condannato, il ritorno a casa, la miseria attorno a lui); infine il pagamento dell'esoso riscatto e il suo ritorno a casa. il padre, commerciante, che stravede per lui, al quale piace che suo figlio faccia la vita del gran signore, pensa al suo futuro, ad un buon partito; la sua incredibile rinuncia a tutti i beni di famiglia per andare con i poveri e i lebbrosi. Rivivono anche i primi passi di Francesco dopo il gesto scandaloso dello spogliarsi in piazza; quindi la vita di elemosina, gli scherni dei vecchi amici, l'indignazione dei ricchi, l'insofferenza dei barboni come lui. Poi qualcuno comincia a subire il fascino di quella vita donata agli altri, a Dio, l'amore verso il prossimo e ad avvicinarsi al futuro santo. l'arrivo dei primissimi fratelli, pronti a seguirlo in una vita miserabile ed eroica, piena di rinunce ed umiliazioni ma anche di gioie ineffabili; il restauro della chiesetta di San Damiano; gli innumerevoli ostacoli da superare per sopravvivere; l'incontro con Chiara (la cugina di Rufino) fuggita da Assisi per aggregarsi alla comunità. 
Le perplessità, le diffidenze delle gerarchie ecclesiastiche nei confronti di una regola così severa; il timore che il gruppo di Francesco possa essere come tanti altri gruppi, che cominciano col seguire il Vangelo, predicano l'umiltà, la povertà, ecc.; poi, come sempre, poi subentra la vanità e si finisce col credersi gli unici veri cristiani e si comincia a coprire di ingiurie la Sede di Pietro. Ottenuta in seguito, con l'appoggio del Cardinale Ugolino, l'approvazione di Papa Innocenzo III - confermata, dopo la di lui morte a Perugia, dal successore Onorio III, affinchè i fraticelli avessero una Regola - comincia per il Santo l'ultima parte della sua vita, forse la più dura e tormentata: la netta percezione dei pericoli cui può andare incontro la purezza ed unità della giovane comunità, per l'affluire da molti Paesi d'Europa di giovani entusiasti, ma anche meno semplici e meno docili ed il profilarsi di divisioni all'interno stesso del nuovo Ordine. Di salute precaria, torturato nell'animo, Francesco cede il posto al fido Pietro e si rifugia con fra Leone - che lui chiama "pecorella di Dio" - sulle montagne, per meditare e pregare Dio, il quale non sembra rispondere alle sue grida angosciate. Ma così non sarà: le stigmate alle mani, ai piedi ed al costato suggelleranno nel sangue la pietà e l'amore divini per quell'uomo malato e disperato, che chiuderà presto gli occhi nella dolce terra umbra tanto amata.
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