Il latte è un liquido bianco secreto dalla ghiandola mammaria delle femmine dei mammiferi.
Il suo scopo è dare nutrimento ai cuccioli durante le prime fasi della loro vita. Dal punto di vista chimico, il latte rientra nella famiglia dei colloidi, un'emulsione per l'esattezza.
Le femmine dei mammiferi, compresi gli umani, sono provviste di ghiandole mammarie che servono per produrre il latte con il quale si alimenteranno i cuccioli appena nati. Dopo il parto, dunque, il corpo della madre passerà al proprio figlio con il latte le riserve di nutrimento accumulate durante la gravidanza. Il piccolo di mammifero ha in genere un istinto prevalentemente olfattivo, che lo indirizza al capezzolo della propria madre dal quale potrà succhiare il prezioso alimento.
Il latte si distingue in tre tipi:
latte a uso alimentare umano;
latte a uso caseario;
latte a uso alimentare animale.
Molte specie da allevamento forniscono latte per l'alimentazione umana.
A seconda della specie animale, il latte ha diverse componenti di cui la quantità varia considerevolmente ma l'acqua è in tutti i casi il componente principale.
I grassi, principalmente saturi, sono la principale fonte energetica nel latte ma la variabilità della composizione è comunque diversa anche per stadio di lattazione e stagione, nonché legate al tipo di alimentazione delle vacche da latte.
I glucidi presenti, in genere seconda fonte energetica del latte, sono costituiti in tutte le specie animali, per la quasi totalità dallo zucchero (disaccaride) lattosio. Le proteine sono invece per i due terzi rappresentate dalla famiglia delle fosfoproteine denominate generalmente caseina. Infine il latte contiene sostanze minerali, in forma solubile e insolubile e vitamine idro e liposolubili (principalmente del complesso B, C e PP)
L'introduzione del consumo di latte non umano nell'alimentazione umana è un fatto cronologicamente piuttosto recente. La capacità di digerire da adulti il lattosio contenuto nel latte è da riferirsi a una mutazione genetica occorsa nell'uomo in un periodo non posteriore agli ultimi 7 000 anni. La distribuzione tra la popolazione umana di questa mutazione non è omogenea ma varia considerevolmente per individuo ed etnia.
La produzione e commercializzazione attuale del latte per scopi alimentari umani si basa sull'allevamento di animali come per esempio la vacca, la bufala, la pecora, la capra, l'asina. Quando si parla di "latte", in Italia per legge s'intende quello vaccino, mentre la specificazione risulta obbligatoria per le altre varianti: latte di bufala, latte di pecora, latte di capra, latte d'asina.
Questi tipi di latte di origine animale sono chiamati a sostituire quello materno dopo lo svezzamento. Nelle società occidentali e medio orientali, che storicamente o culturalmente hanno ereditato usi e conoscenze di secoli di allevamento, con il metodo più efficiente di trasformare i prati incolti del loro ambiente in sostentamento, il latte e i suoi derivati occupano una posizione importante.
In questi ambiti il latte è, in assenza di intolleranze, alimento utile, per tutte le età, dal bambino all'anziano che per vari motivi si trova privo di alternative per alimentarsi.
Nelle culture non dedite all'allevamento, invece, l'importanza del latte è marginale o assente, e le percentuali di intolleranza al latte sono comprese tra l'80% e il 100%.
Nel II secolo a.C. comincia in Cina la produzione del latte di soia, in alternativa al latte di specie animali d'allevamento. Ben più recente è invece la produzione di latte artificiale.
La stragrande maggioranza delle intolleranze al latte, e non delle vere allergie, è da imputarsi a un'intolleranza al lattosio, spesso sopravveniente progressivamente in età adulta con produzione di gas, flatulenza, meteorismo, crampi addominali, diarrea e in assenza di provvedimenti, dimagrimento.
Certi studi dimostrerebbero che un elevato consumo di latte non previene l'osteoporosi, né aiuta i soggetti affetti da questa patologia, inclusi quelli più a rischio per motivi fisiologici, come le donne in menopausa. Al contrario, altri recenti studi sostengono l'esatto opposto ovvero che latte, formaggi e yogurt siano i migliori alimenti per la prevenzione dell'osteoporosi. Il latte e derivati sono considerati tra tutti gli alimenti le principali fonti di calcio. Anche il ministero della salute sostiene che l'apporto di calcio e vitamina D siano indispensabili per la prevenzione dell'osteoporosi e che il latte sia fondamentale sia in età giovanile, per il raggiungimento di un picco di massa ossea elevato, sia in età avanzata per evitare fratture ossee. Inoltre si è evidenziato come una minore densità ossea è stata osservata in soggetti intolleranti al lattosio.
Il latte non ha gusto costante, perché il suo sapore dipende fondamentalmente dall'alimentazione dell'animale che lo produce. Questo è il motivo della distinzione qualitativamente avvertibile da chiunque sorseggi latte d'alpeggio e di animali a pascolo libero. Le stalle moderne per produzione industriale attuano un'alimentazione costante tutto l'anno, col cosiddetto unifeed o tecnica del piatto unico, mangime miscelato e contenente tutti i nutrienti, non tutti necessariamente da foraggi, ma a seconda dei periodi dell'anno e della legislazione vigente, che ne regolamenta vietandone o permettendone l'uso, additivati di fibre, derivati industriali che residuano dall'estrazione della frazione oleosa per via meccanica o mediante solventi di semi (farine di estrazione e panelli), grassi di diversa origine, per lo più oli di semi, farine di pesce, sangue e altro. Dal 2008 in Europa è temporaneamente vietato, per la questione relativa all'eradicazione delle encefalopatie spongiformi trasmissibili, l'uso di farine di carne e di ossa provenienti da mammiferi.
Più intensivo è il trattamento termico (sia di refrigerazione che di riscaldamento) per la conservazione, minore è il contenuto aromatico proprio del latte e la stessa scrematura ha effetto sul gusto.
La "qualità" sensoriale del latte (odori, aromi, sapori, gusto, sensazioni tattili, persistenza e complessità) decresce nei seguenti tipi:
- latte crudo;
- latte fresco (quello fresco di "alta qualità" è superiore dal punto di vista nutrizionale ma non vi è alcuna differenza dal punto di vista organolettico con quello fresco);
- latte fresco microfiltrato;
- latte pastorizzato;
- latte UHT;
- latte sterilizzato;
- latte alta digeribilità.
Anche se spesso vengono confusi, il latte fresco e il latte crudo, sono due prodotti diversi, non solo dal punto di vista organolettico e nutrizionale, ma anche per il differente processo produttivo e distributivo.
Viene definito latte fresco pastorizzato il latte che arriva crudo allo stabilimento di confezionamento e che qui viene sottoposto a un solo trattamento termico di 72 °C per 15 secondi entro 48 ore dalla mungitura. Le confezioni sono in genere da 1 litro o 1/2 litro. Ha un prezzo al consumo mediamente più elevato, legato al processo di pastorizzazione, di confezionamento e di trasporto da distanze maggiori alla centrale.
Il latte crudo non è trattato termicamente ed è prodotto nel rispetto delle norme igieniche alla stalla; presenta naturalmente una flora batterica in ragione delle condizioni igieniche di mungitura e della gestione del raffreddamento nonché dello stato igienico degli impianti e della loro gestione. Il latte è solamente filtrato con eliminazione di impurità grossolane. Viene munto in giornata. Ha un prezzo medio più basso in ragione dell'assenza dei trattamenti di risanamento presso la centrale e dei relativi costi di distribuzione.
La scrematura si effettua a una temperatura di circa 55 °C, ottenendo la completa separazione della parte grassa (la panna). Più è lunga e intensa la centrifugazione, migliore è la separazione.
Il latte che si ottiene ha un residuo grasso
dello 0,1-0,3% per il latte magro;
0,3% al massimo per il latte scremato;
tra 1,5 e 1,8% per il latte parzialmente scremato;
3,5% almeno per il latte intero.
Il primo trattamento avviene nella sala mungitura. Qui il latte, che esce dalle mammelle delle mucche con una temperatura di 37 °C circa, viene convogliato in tank latte chiuse dove è raffreddato entro tempi fra 20 e 460 minuti, e conservato a 4-6 °C. Con questa temperatura i batteri che hanno inquinato il latte dall'uscita della mammella in poi, si riproducono più lentamente. Poi il latte viene trasferito sulle autobotti che lo trasportano ai caseifici per la trasformazione in prodotto finito.
Il trattamento di pastorizzazione riduce notevolmente la carica batterica, causando minime variazioni organolettiche e nutrizionali, compensate largamente dalle condizioni di sicurezza igienica.
Tutti i trattamenti si concludono con il raffreddamento a 4 °C: a questa temperatura il latte fresco si conserva per 6 giorni, attraverso la catena del freddo (camion frigoriferi per la distribuzione in città, banco frigorifero del lattaio, e finalmente il frigorifero di casa).
Pastorizzazione bassa
Questo trattamento, ormai desueto, si applica oggi solo in presenza di latte a minimo rischio di contaminazione, che viene portato a 63 °C per un periodo di 30 minuti. L'evoluzione genetica di taluni batteri però rende comunque assai poco efficace il trattamento per usi di alimentazione diretta.
Pastorizzazione rapida HTST (High Temperature Short Time)
Il latte, a seguito di preriscaldamento, è portato velocemente a una temperatura minima di 72 °C per almeno 15 secondi. Tale pastorizzazione è resa possibile tramite una riduzione in strato sottile del latte che viene fatto passare tra piastre riscaldate (stassanizzazione). La stassanizzazione sfrutta il fenomeno che vede le cellule batteriche attratte verso la superficie della piastra di scambio termico: ciò provoca un moto turbolento del liquido che garantisce uno scambio termico efficiente e uniforme. Questa temperatura uccide circa il 96% dei batteri (di primaria importanza è l'abbattimento della carica batterica rappresentata dalle forme vegetative dei micobatteri della tubercolosi e batteri della brucellosi, oltre ad altri patogeni importanti), mentre resta un 5% costituito dalle spore, cioè da batteri che si sono trasformati in una forma molto resistente al calore. Per rallentare la crescita dei batteri rimasti, il latte viene subito raffreddato a 4 °C. Il latte pastorizzato può essere conservato a 4 °C per sei giorni.
Trattamento UHT (Ultra High Temperature)
È una particolare tecnica di sterilizzazione che consiste nel trattare il latte omogeneizzato e preriscaldato ad almeno 135 °C attraverso l'impiego di vapore acqueo surriscaldato per non meno di un secondo. Si parla di UHT a sistema "indiretto" quando la sterilizzazione del latte avviene tramite scambiatori di calore (piastre o tubi), mentre viene detto UHT "diretto" (Uperizzazione TM°) quando la sterilizzazione del latte avviene in contatto diretto con il fluido riscaldante cioè il vapore acqueo, che viene rievaporato nella successiva fase di raffreddamento flash sotto vuoto. In genere il trattamento diretto (circa 140 °C per 2-4 secondi) dà luogo a un prodotto organoletticamente migliore del trattamento indiretto per un minore "effetto termico". Successivamente si raffredda il latte a 15-20 °C e si procede entro impianti sterili chiusi, in flusso continuo, al confezionamento asettico del latte in contenitori sterilizzati in linea (brik, bottiglie in HDPE o PET) che vengono chiusi ermeticamente. La condizione di ermeticità del contenitore è condizione essenziale della lunga conservazione. Anche il trattamento UHT non garantisce la distruzione delle spore più resistenti: la sterilità commerciale viene definita come "assenza di microorganismi capaci di riprodursi e recare danni al prodotto nelle usuali condizioni di conservazione a temperatura ambiente" (stabilità microbiologica). Il latte UHT è considerato a "lunga conservazione" e si può conservare per circa 3-6 mesi a temperatura ambiente. Le confezioni dei vari tipi di latte sterilizzato UHT devono riportare il termine minimo di conservazione "da consumarsi preferibilmente entro..." (giorno, mese, anno). Ciò significa che anche dopo la data di scadenza, per un tempo ragionevole, il prodotto può essere consumato, nonostante le qualità organolettiche possono risultare alterate.
Sterilizzazione
È il trattamento termico più energico, che assicura la completa eliminazione di tutti i batteri, anche delle spore. Il latte così sterilizzato ha una lunga conservazione a temperatura ambiente, anche oltre i 6 mesi. Il processo è costituito da un trattamento flash, seguito da riempimento e sigillazione del contenitore (vetro-lattina) con susseguente sterilizzazione in autoclave del contenitore chiuso. Tuttavia, una volta che si è aperto un contenitore di latte sterilizzato (al pari dell'UHT) è necessario tenerlo in frigorifero e consumarlo entro pochi giorni; infatti potrebbe venire a contatto con i microrganismi presenti nell'ambiente, i quali all'interno dell'alimento non troverebbero alcuna competizione con altri batteri e sarebbero liberi di proliferare.
Il latte sterilizzato è rilevantemente più sicuro del latte UHT dal punto di vista batteriologico, ma ha subito un danno organolettico oggi non più accettato nella maggioranza dei casi, rispetto al latte UHT. Tale latte ha avuto il merito di rendere disponibile l'assunzione di un alimento così importante a fasce di popolazione vaste, allora poco raggiungibili dal "latte fresco". Dal punto di vista commerciale ha ormai una scarsa rilevanza poiché, oltre ai contenuti nutrizionali, anche il sapore risulta piuttosto alterato: è quindi principalmente destinato all'esportazione in paesi con condizioni sociali e climatiche difficili.
Microfiltrazione
La microfiltrazione del latte è un trattamento puramente meccanico, con filtrazione molto sottile attraverso membrane ceramiche a maglie di 1-2,5 micron: questa filtrazione, in grado di separare fisicamente i microbi dal latte, viene praticata sulla sola frazione magra del latte senza interagire con le componenti nutritive in esso contenute.
Si separa la frazione grassa del latte con la tradizionale centrifugazione a circa 50 °C. La frazione grassa (lipidica) non può essere sottoposta a microfiltrazione avendo i globuli di grasso dimensioni simili alle maglie della membrana filtrante. Il latte scremato, separato dalla panna, viene microfiltrato su membrana porosa eliminando la quasi totalità della flora microbica che ha inquinato il latte dopo l'uscita della mammella nell'ambiente di mungitura.
Le due frazioni, panna e latte magro microfiltrato, vengono poi miscelate in rapporto tale da ottenere il titolo di grasso desiderato. Il latte titolato (intero, parzialmente scremato, scremato), a carica batterica estremamente ridotta, simile al momento di uscita dal capezzolo della mammella, viene pastorizzato a 72-75 °C per 15-20 secondi con il metodo di pastorizzazione classico HTST, che consente l'inattivazione di eventuali specie microbiche patogene residuali.
Si ottiene così un latte con caratteristiche microbiologiche eccellenti che ne consentono la conservazione in regime refrigerato per tempi lunghi, oltre 15 giorni dal trattamento, e con caratteristiche organolettiche ottimali, perfettamente sovrapponibili a un latte pastorizzato di qualità elevata.
Latte delattosato
I vari prodotti denominati latti HD, alta digeribilità, e relativi differenti nomi commerciali, sono indicati ai soggetti che non possiedono l'enzima lattasi o ne sono temporaneamente deficitari per alterazioni intestinali, e non possono scindere il lattosio nei costituenti. Il lattosio, zucchero del latte, viene trasformato negli stabilimenti, in due zuccheri semplici che costituiscono il disaccaride: glucosio e galattosio, per azione dell'enzima lattasi.
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