Questa canzone è ritenuta la canzone siciliana più conosciuta fuori dalla Sicilia e spesso viene identificata con la Sicilia, anzi viene considerata l'inno della Sicilia. Le versioni cantate sono tantissime a cominciare dalle più antiche come quella che trovate nel video che segue di Michelangelo Verso degli anni 1950, alla versione di Modugno, Rosanna Fratello, Franco Battiato,
Gianna Nannini, Laura Pausini, vari complessi e gruppi folkloristici etc.
Ricercando nei libri di canzoni siciliane quali le raccolte di Alberto Favara (Salemi 1863-1923), etnomusicologo, di Lionardo Vigo (Acireale 1799-1879), poeta e filologo, di Giuseppe Pitrè (Palermo 1841-1916), scrittore e folclorista, Francesco P. Frontini (1860-1939), musicista e compositore, Salvatore Salamone Marino (Borgetto 1847-1916), folclorista ed altri, non vi è traccia di questa canzone.
Sulle origini di questo canto vi sono varie interpretazioni.
La più comune è che questa canzone nella parte testuale sia una poesia popolare e che il maestro Franco Li Causi abbia scritto la partitura. Certo c’è da considerare il fatto che abbia potuto scrivere il pezzo musicale ex novo, oppure può averlo scritto riportando in partitura un motivo cantato da altri, oppure ancora il pezzo musicale finale può essere un mix di una canto ascoltato oralmente e di una sua fantasia o interpretazione personale.
Il figlio del maestro Li Causi e il figlio del tenore Verso riferiscono che intorno agli anni 1950 il regista Pietro Germi venne in Sicilia per iniziare le riprese del film “Il cammino della speranza”. Ad Agrigento Germi incontrò il Maestro Franco Li Causi al quale chiese di comporre “un motivo allegro-tragico-sentimentale “ da inserire nel film. Il maestro fece ascoltare alcune sue composizioni ed altre di natura popolare che non soddisfarono il regista. Durante alcune riprese del film effettuate a Favara in un momento di pausa un minatore, Giuseppe Cibardo Bisaccia, recitò a Germi una poesia popolare, i cu versi sono: “Vitti ‘na crozza supra nu cannuni / fui curiusu e ci vosi spiari / idda m’arrispunniu cu gran duluri / muriri senza toccu di campani.”
Al regista Germi, i versi piacquero a tal punto da chiedere a Li Causi di musicarli. Il maestro riascoltò la poesia dal minatore prendendo appunti anche di una traccia musicale per come l’aveva decantata il minatore e rielaborando il tutto anche per la sua grande esperienza musicale scrisse la partitura di “Vitti na crozza”. La canzone forma la colonna musicale dei titoli iniziali del film.
Il film ebbe un buon successo e la canzone cantata nel film venne ascoltata da moltissime persone in tutta Italia e divenne molto conosciuta tanto che il maestro Li Causi registrò un vinile a 78 giri con la voce del tenore Michelangelo Verso e la partecipazione del coro del quartetto Francesco Li Causi, con la chitarra del fratello del maestro Salvatore Li Causi, che fa da accompagnamento al mandolino solista (Francesco Li Calzi) ed al basso suonato da uno strumentista dell’orchestra Angiolini; l’incisione avvenne a Torino negli studi della Cetra. Il disco ottenne un invidiabile successo in tutta Italia e il tenore ebbe grande fama tanto da essere ingaggiato subito da managers americani che lo fecero esibire nei migliori teatri americani, anche con altri tenori italiani quali Beniamino Gigli.
Diversa è la testimonianza che da dei fatti Alfieri Canavero, operatore di seconda macchina nello stesso film di Germi: "Abbiamo iniziato le riprese ad Agrigento, nelle miniere di Zolfo. Ricordo che i minatori erano in sciopero da 2 giorni. Erano sottoterra, nudi, per il caldo insopportabile. Stavano cantando "Vitti 'na crozza" quando la troupe scese giù con il regista Pietro Germi. Registrammo quel canto, che andava perfettamente a tempo con la biella della pompa dell'aria. Con quella registrazione iniziammo il film".
Altre persone affermano che la canzone “Vitti na crozza” era cantata dai soldati siciliani nelle trincee del Carso o nella battaglia del Piave durante la guerra del 1914-18, altri affermano che veniva cantata dai garibaldini siciliani nella guerra di liberazione dai Borboni da parte di Garibaldi, dei mille e soprattutto dei patrioti siciliani.
Ascoltiamo ora la prima versione incisa su vinile.
Per chi non parla il siciliano ecco il testo originale e la traduzione.
Vitti na crozza supra lu cannuni Vidi un teschio sopra un cannone
fui curiusu e ci vosi spiari fui curioso e volli chiedere
idda m'arrispunnìu cu gran duluri lui mi rispose con gran dolore
murivi senza toccu di campani. sono morto senza rintocco
[di campane.
Si nni jeru, si nni jeru li mè anni Se ne sono andati i miei anni
si nni jeru si nni jeru un sacciu unni se ne sono andati e
[non so dove
ora ca sù arrivatu a uttant'anni ora che sono giunto ad ottant'anni
la vita chiamu e la morti arrispunni. chiamo la vita e mi
[risponde la morte.
Cunzàtimi, cunzàtimi stu lettu Preparatemi il letto (di morte)
ca di li vermi sù mangiatu tuttu, che dai vermi sono mangiato
si non lu scuntu ca lu me piccatu se non sconto qua il mio peccato
lu scuntu all'autra vita a sangu ruttu lo sconto all'altra vita
[a sangue rotto
Certo l'argomento trattato non è per niente allegro e mal si adatta (forse solo forzandolo) con quel gioioso "trallalleru" inserito nelle versioni più recenti di stampo folkloristico così pure mal si adattano le altre strofe aggiunte in seguito in cui si privilegiano le bellezze della Sicilia, il suo splendido mare e il focoso Mungibeddu (Etna).
Ecco le strofe aggiunte molto meno conosciute:
C'e' nu giardinu ammenzu di lu mari
tuttu ‘ntissutu di aranci e ciuri
tutti l'acceddi cci vannu a cantari
puru i sireni (pisci) ‘cci fannu all'amuri
Sentu li trona di lu Mungipeddu,
chi ietta focu e vampi i tutti i lati.
oh bedda Matri, Matri Addulurata
sarva la vita mia e di mia amata.
Dal punto di vista musicale esiste una versione primitiva in modalità minore, mentre quasi tutte le interpretazioni sono in modalità maggiore; a questo proposito bisogna ricordare come la modalità minore è la più consona se si considera il fatto che la modalità minore viene usata in canti tristi, dolorosi, mentre la modalità maggiore è più usata per canti allegri gioiosi, ora, considerato il tema molto triste del colloquio col teschio e con la morte, quindi un argomento triste, doloroso ben si addice la modalità minore e che, però, nel tempo, anche per motivo folkloristico ed interessi commerciali la modalità in maggiore anche con l’aggiunta del trallalleru ha prevalso sulla modalità minore, diventando così una canto da cantare in gita o con gli amici in momenti allegri e spensierati senza accorgersi per niente del tema triste e doloroso della canzone.
Il tempo della canzone iniziale era un 4/4 lento che nel tempo è diventato un 2/4 allegro, con il trallalleru.
A proposito del trallalleru, introdotto nelle versioni più recenti, non è presente in quella di Michelangelo Verso, la stessa Rosa Balistreri, la punta di diamante del canto siciliano, non volle mai cantare questa canzone.
”Vitti na crozza” rimane comunque una canzone che rispecchia l’animo siciliano, che guarda al passato, alla sua storia, alle tradizioni, all’animo spesso malinconico dei siciliani sfruttati, privati della libertà e oppressi e dominati da vari popoli ma sempre pronti a prendere il meglio dei dominatori, anzi a unire la propria cultura con quella dei dominatori arricchendo così la cultura siciliana e proiettandola così alla modernità e al futuro.
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